
Lo sapevi che… la parola “feticismo” nasce in ambito spirituale, non sessuale?
Molti oggi associano automaticamente il termine “feticismo” al mondo del porno o a pratiche sessuali insolite. Ma questa visione è molto limitata, se non completamente errata.
Le vere origini: tra magia e religione
Il termine nasce dal portoghese feitiço, usato nel XV secolo dai navigatori per indicare oggetti sacri africani. Erano amuleti, statue o simboli considerati dotati di poteri magici o spirituali. I feticci erano visti come strumenti di protezione o comunicazione con il divino. Nulla a che fare con la sfera sessuale.
Dal sacro all’inconscio
Solo nel XIX secolo, con Freud e altri studiosi, il termine passò alla psicologia. Qui iniziò a descrivere l’attrazione verso oggetti o parti del corpo che suscitano eccitazione sessuale. Ma attenzione: il “feticcio” in psicologia è un simbolo inconscio, spesso legato a esperienze passate o emozioni profonde, non un semplice capriccio erotico.
Una parola ingiustamente snaturata
Con il tempo, e soprattutto con la diffusione del porno, il termine ha perso la sua complessità, diventando sinonimo di “stranezza sessuale”. Questo ha contribuito a creare pregiudizi e malintesi su un concetto che in realtà riguarda tutti.
Tutti abbiamo dei feticci, anche senza saperlo
Ti è mai capitato di custodire gelosamente un oggetto che agli altri sembra insignificante? Una vecchia penna, una fotografia, una pietra raccolta da bambino… Se quell’oggetto per te ha un valore profondo, simbolico, affettivo, allora è un feticcio. Nessuna componente sessuale: solo emozione e significato.
Esempi concreti di feticismo “nascosto”
Il feticismo non riguarda solo la sessualità o gli oggetti sacri delle tribù antiche: può manifestarsi in modo sottile nella vita quotidiana. Prendiamo il caso di una persona che acquista regolarmente abiti femminili, pur non indossandoli mai. Il gesto non è legato a un bisogno pratico, ma a una gratificazione profonda legata al semplice possesso: toccarli, guardarli, sapere che sono lì, ordinati nell’armadio. Anche questa è una forma di feticismo, dove l’oggetto diventa un contenitore emotivo, un simbolo di qualcosa di intimo, personale, magari mai espresso. Allo stesso modo, collezionare scarpe, guanti, cappelli o persino utensili da cucina non per usarli, ma per la sensazione che evocano, può essere considerato un comportamento feticistico. Il significato non è nell’oggetto in sé, ma nella carica simbolica che gli attribuiamo.
Rivalutare il feticismo
Parlare di feticismo in modo corretto significa restituire dignità a una parola usata male. Significa capire quanto siamo legati agli oggetti che rappresentano qualcosa per noi. E quanto sia naturale, umano e anche spirituale attribuire valore a ciò che per altri è solo materia.
Conclusione
Il feticismo è molto più della caricatura che ne fanno i media. È un frammento di storia, psicologia e spiritualità. E soprattutto, è una lente con cui osservare la profondità del nostro rapporto con il mondo.